Castello Baronale
La sua costruzione è da attribuirsi al Vescovo Leone, che troviamo menzionato nella Carta Originale Cassinese n. 5 del 30-10-839, indizione terza. Il Castello baronale nel 1105 passò a Riccardo I dell'Aquila e nel XIII secolo fu residenza dei Caetani. In esso furono ospitati personaggi illustri, tra i quali S. Tommaso d'Aquino (1272). Nel 1452, per volere di Alfonso d'Aragona, vennero eseguiti notevoli lavori di restauro. Nel secolo XVI il maniero appartenne ad una delle più belle donne d'Italia, Giulia Gonzaga, contessa di Traetto e di Fondi e, successivamente, ad Isabella Colonna. Nel 1692 lo acquistò Adriano Carafa. Oggi il proprietario del monumento è il Comune.
La chiesa di san pietro
L'ex Cattedrale di S. Pietro fu edificata tra il IX ed il XII secolo. Durante il corso degli anni ha subito diversi rimaneggiamenti. La Chiesa presenta un nartèce con arcate a sesto acuto disuguali, dove sostavano i catecumeni durante la fase sacrificale della messa. Sul pròtiro si erge centralmente il campanile a tre piani, con finestre a bifore, poggiato su due capitelli corinzi. La pianta è a croce latina. La navata centrale è coperta con cassettone ligneo a riquadri e rosoni centrali dorati. Al centro c'è lo stemma con la tiara papale e le chiavi di S. Pietro. Il 17 agosto 1851 Ferdinando II, re delle due Sicilie, sul far della sera, con al seguito la propria famiglia, visitò la Chiesa per l'inaugurazione del suddetto cassettone. Nella navata destra si apre un gioiello d'arte barocca, la "Cappella del Sacramento" del 1587, rivestita di marmi polìcromi. Sulla parete centrale una tela raffigurante "l'Ultima Cena", opera di Andrea da Salerno, detto il Sabatino.
La chiesa dell'annunziata
Altra Chiesa fuori le mura è quella dell'Annunziata, in stile gotico, edificata intorno al 1300 per volere della famiglia Minutilli. Ha subìto varie ristrutturazioni durante i secoli per i danneggiamenti arrecati dai Turchi nel 1552, dalle truppe franco-polacche nel 1799, dall'incendio del 1888 e dall'ultimo conflitto mondiale. Nel 1930 furono demoliti tutti gli altari barocchi e vennero alla luce gli affreschi trecenteschi. L'edificio, di proprietà comunale, fu riaperto al culto il 12 maggio 1931 come tempio votivo dei minturnesi caduti nella Prima Guerra Mondiale, dopo il restauro coordinato da Gino Chierici e commissionato da Pietro Fedele, storico e Ministro della Pubblica Istruzione nel 1925-28. Uno splendido stemma della Città, con la scritta Heredes Minturnarum, venne murato sulla parete esterna del nartèce. Nel pronao si scorge la targa marmorea fissata in occasione del conferimento alla Città della Medaglia d'Oro al Merito Civile per i danni e per i lutti subiti nella seconda guerra mondiale (10 gennaio 2000).
A pochi passi dal Castello, sorge la Chiesa di S. Francesco fatta costruire, intorno al 1320, da Roffredo III Caetani, conte di Traetto dal 1299 al 1336, e nipote di Papa Bonifacio VIII. Roffredo sposò Giovanna, ultima erede della famiglia Dell'Aquila.
Il Tempio fu edificato su un preesistente "loco" francescano adibito a cappelle gentilizie dalle famiglie Orsini e Caetani. L'interno è in pietra viva e a una sola navata, così come la preferivano i francescani, perché più consona alla predica. Sulla parete destra c'è l'affresco della "Madonna delle Grazie". In suo onore si celebra, nella seconda decade di luglio, l'antica "Sagra delle Regne", la festa dei covoni di grano, affiancata da un Festival internazionale del folclore.
IL PONTE PENSILE SUL GARIGLIANO
Il Ponte borbonico, sito a guado del fiume Garigliano, nelle immediate vicinanze dell'antica Minturnae, per lungo tempo "mutilato di guerra", riappare oggi nella sua originaria bellezza e si libra ancora sul Garigliano.
Fu progettato da Luigi Giura che lo realizzò per volontà di Ferdinando II tra il 1828 e il 1832.
Il Ponte "ornato di sfingi faraoniche e colonne egittizzanti" fu costruito con tecnologia innovativa e d'avanguardia "che parve per il tempo un miracolo di ingegneria per la snellezza della costruzione e la semplicità delle linee, non mancanti di pretesa artistica, insinuato e quasi chiuso da un fitto bosco di eucalipti".
Sostituì la fragile scafa nel 1832 e risolse, almeno per un secolo, l'attraversamento del Garigliano. Sul finire dell'ottobre 1943, il vegliardo custode di tante memorie e di una Terra che si apprestava ad assistere al titanico scontro tra i più poderosi eserciti del mondo attestati lungo la formidabile linea Gustav, rimase gravemente danneggiato nelle parti strutturali metalliche.
Il tempo e l'incuria lo ridussero in rovina.